Di seguito l’intervista integrale del nostro amministratore per Il Mattino.
Presidente Lampugnale, nei giorni scorsi si è conclusa a Parigi la quarta edizione del Forum economico franco-italiano tra Confindustria e il Medef -Mouvement des Entreprises de France, in uno scenario dominato dalle tensioni e dalle incertezze generate dal conflitto in Ucraina, dal caro energia, dalle difficoltà di reperimento delle materie prime e dalle interruzioni nelle catene di fornitura globali. Cosa è emerso e soprattutto che scenari intravede per le imprese delle aree interne come il Sannio?
«Le sessioni tematiche sono state tre, dedicate a crisi energetica, mercato del gas e nucleare; cooperazione italo-francese nei settori difesa, sicurezza e spazio; finanziamento pubblico e privato della transizione verde e digitale. Ho avuto l’onore di intervenire a quest’ultima. Sono temi che riguardano molto da vicino anche il nostro Mezzogiorno, e che sono stati oggetto di discussione nelle recenti Assise nazionali di Piccola Industria, nel corso delle quali abbiamo sintetizzato un lungo percorso di ascolto delle esigenze e delle priorità della base delle Pmi italiane in circa 40 proposte ai policy maker e alle istituzioni del Paese».
In un quadro generale ormai critico e complesso, le piccole e medie imprese, che nel Sannio rappresentano la colonna portante del tessuto produttivo del territorio, si ritrovano alle prese non solo con le ben note difficoltà dettate dal momento ma anche con l’esigenza di essere supportate nel difficile percorso di ripartenza post-Covid. Secondo lei quali sono i passi da compiere per riuscirci?
«Le Pmi rappresentano l’ossatura del sistema produttivo italiano: pesano per oltre il 90% del numero delle aziende, il 76% degli occupati e il 65% del valore aggiunto. Sono un pilastro fondamentale per la tenuta non solo economica ma anche sociale del Paese. Vanno pertanto sostenute e rafforzate, con misure sia di breve che di medio e lungo termine, capaci di difendere il tessuto produttivo, preservare la competitività e affrontare le sfide poste dalle trasformazioni industriali. I macro temi sui quali riteniamo prioritario intervenire sono quattro: competenze e capitale umano, finanza e crescita, nuova impresa tra digitale e fisico, sostenibilità e transizione green».
Partiamo dal capitale umano: quali ricette immagina?
«Occorre ridurre la distanza tra domanda e offerta di lavoro e collegare meglio aziende e mondo della formazione, ad esempio legando di più le Pmi con gli ITS e le Università. Una grande occasione deve arrivare da una piena attuazione del PNRR, che dedica più di 20 miliardi all’istruzione, al rapporto impresa-università e agli ITS. In tale contesto è fondamentale il ruolo che possono svolgere le PMI nel potenziare le competenze presenti in azienda, partendo dall’imprenditore stesso, quanto mai determinanti per affrontare qualsiasi percorso di crescita qualitativa, sia nel diventare più attrattive nei confronti delle potenziali risorse da assumere, anche richiamando i talenti dall’estero, e da trattenere in azienda».
E in materia di finanza e crescita?
«E’ necessario rafforzare le garanzie pubbliche, che hanno ben funzionato durante l’emergenza Covid, assicurando continuità e tempi più lunghi di rientro , e garantendo un accesso al credito da parte delle Pmi più ampio e con costi minori. Bisogna poi consolidare la struttura finanziaria delle PMI sostenendone la crescita dimensionale, avvicinando le aziende più piccole ai canali alternativi e agli investitori di mercato e favorendo lo sviluppo di investitori specializzati in Pmi. Nelle filiere le Pmi devono essere partner sempre più strette delle aziende capo-filiera, in maniera da rendere il loro accesso alle risorse sempre più rapido e vantaggioso, e con quelle condizioni solitamente riservate alle grandi imprese».
Lei ha parlato anche di nuove imprese tra digitale e fisico. Cosa intende, in particolare?
«Nonostante l’ampio utilizzo degli incentivi di Industria 4.0 e l’accelerazione imposta dalla pandemia, rimane infatti ancora ampiamente maggioritaria la quota di piccole imprese con bassi livelli di digitalizzazione. In particolare, proprio l’emergenza Covid-19 ha contribuito ad allargare ulteriormente il divario digitale tra le imprese italiane, favorendo quelle che avevano già compiuto azioni su questo fronte. In questo contesto bisogna rendere strutturale il pacchetto di incentivi di Industria 4.0 in modo da poter programmare gli investimenti in un arco temporale più lungo».
C’è un tema chiave in particolare, però, sul quale il Sannio può recitare un ruolo da protagonista: la sostenibilità e la transizione green. A suo avviso quali sono le priorità in questo campo?
«Il piano RepowerEU prevede un incremento generale di energie rinnovabili e un sistema di accelerazione delle procedure di rilascio delle autorizzazioni riconoscendo le rinnovabili come interesse pubblico. In questo quadro l’area interna Irpinia-Sannio può candidarsi ad ospitare investimenti di questo tipo , che siano però rispettosi dell’ambiente e che abbiamo una reale ricaduta economica ed occupazionale per il territorio. E’ inoltre opportuno agevolare l’installazione di impianti di energia da fonti rinnovabili con iter autorizzativi semplificati , con linee di credito agevolate e incentivi a quelle comunità che favoriscono le Pmi, facilitando il ricorso alle certificazioni di qualità legate a sostenibilità e transizione energetica».